INTERVISTA ALL'ARCHITETTO FLAVIO LEGGERI

Arch. Leggeri ci parli di lei e della sua esperienza professionale

Dopo la laurea in architettura ho avuto diverse esperienze lavorative fino ad approdare al mondo della farmacia.

La formazione in un contesto familiare che si occupava di arredamento di interni e decorazione, ha favorito la mia visione del lavoro nella sua completezza che si spinge oltre la progettazione del singolo punto vendita.

Mi resi conto fin da subito di quanto l’arredo utilizzato per gli allestimenti della farmacia venisse declinato/adattato da altri settori commerciali: da qui nasce l'interesse al suo processo produttivo che ha condotto anche alla realizzazione per ITAB di un catalogo di arredi dedicati esclusivamente al settore farmacia, in continuo aggiornamento.

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Come pensa cambierà la farmacia nei prossimi anni? Quali sono i trend?

In questi ultimi anni il farmacista ha seguito corsi di imprenditoria (ci sono master di importanti università e corsi di consulenti che vengono promossi da tutti i social) poi improvvisamente, con l’avvento del covid, ha ritrovato la sua professione, il suo territorio, il suo valore sociale: ha riscoperto la sua farmacia.

Rivedendo volti che non incontrava da un po’ ha riaperto un rapporto di fiducia fatto di consigli e attenzioni. Io credo che il riappropriarsi del proprio territorio debba spingere il farmacista verso una personalizzazione della sua realtà affinché questa sia unica e non confondibile. È questa la ricchezza che ogni farmacista deve apportare alla propria farmacia.

Ci sono molti strumenti per far sì che questa singolarità possa esprimersi con chiarezza: una linea di proposte coerenti al proprio credo professionale, la specializzazione di alcuni servizi, la corretta comunicazione. Ma l’aiuto più grande può offrirlo l’ambiente farmacia in cui si svolge una domanda/offerta così unica nel panorama dello shop retail.

È necessario porre fine alla confusione assortimentale, all’illuminazione scarsa e balbettante, agli spazi di risulta in cui si effettuano analisi cliniche, all’arredo rabberciato e poco professionale. Penso che sia anche finito il periodo del progetto egocentrico (riferito al farmacista oppure nel peggiore dei casi all’architetto) e che sia arrivato il tempo del progetto condiviso. È tempo di condivisione con il farmacista, con il proprio mercato (che andrebbe analizzato periodicamente con dati e statistiche oggettive), con le tendenze di altri mercati paralleli e sovrapponibili al canale farmacia, con il proprio territorio (ritrovato).

In ITAB abbiamo colto questa tendenza alla personalizzazione, progettando una linea di arredi facilmente modulabili e adattabili per materiale, forma e colore con il nostro architetto farmacia. Il nostro processo industrializzato ha permesso di prevedere tutte le variabili mantenendo alta la qualità del prodotto finale, la sostenibilità ambientale durante la produzione e la competitività sul mercato.

A completamento del “progetto farmacia” nel nostro team abbiamo degli specialisti per l’analisi e il calcolo dell’ illuminotecnica, per la creazione del progetto di comunicazione e della relativa immagine coordinata, per la gestione e coordinamento delle opere edili e di impianti definendo cosi una ristrutturazione realmente “chiavi in mano” e senza stress.

In questo periodo di grandi cambiamenti, non propriamente derivanti dalla presenza dei gruppi e dell’imperante e-commerce, il concetto di omnicanalità deve andare di pari passo con la trasformazione del consumatore, sempre di più alla ricerca di una esperienza di acquisto soddisfacente che completi il suo bisogno verso il prodotto finale. Per questo ogni farmacia dovrà, senza se e senza ma, offrire contenuti, servizi e soluzioni in un contesto progettato verso questa aspettativa.

Leggi l'ultimo case study di Flavio: https://farmacie.itab.com/progetti/farmacia-medaglie-doro-imola/

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